Accettare la tua guarigione
30 Settembre 2020l mentale può guarire tutto – Intervista Psychologies Magazine
30 Settembre 2020
Una testimonianza personale di un’esperienza alle frontiere della morte
raccontata da chi è tornato…..
Mi trovavo all’ospedale Episcopale di Filadelfia. Mi avevano appena comunicato che avevo qualcosa che bloccava il midollo spinale, dalla quarta alla settima vertebra cervicale a livello del collo che provocava i sintomi che sentivo. Avevo il braccio destro paralizzato, dei movimenti spastici delle gambe e delle sensazioni di scariche elettriche che percorrevano il mio corpo non appena muovevo la testa.
Mi dissero che dovevo essere operato immediatamente e che se fossi sopravvissuto all’intervento, rischiavo di rimanere tetraplegico. Chiesi se avessi il tempo di ricevere un secondo parere e la risposta fu che se avessi tossito o starnutito, avrei potuto morire improvvisamente. Ovviamente accettai di essere operato immediatamente.
Mi rendevo conto che a dire dei medici, potevo morire nel giro di qualche ora. Attraversai allora diversi stati che so che altre persone che pensano di morire attraversano. Prima di tutto ebbi l’impressione che si trattava del set di un film e che non mi stava accadendo davvero. Stavo negoziando con me stesso per cambiare quello che stava accadendo. Poco a poco presi coscienza della realtà finchè fui obbligato ad accettare emotivamente il fatto che stavo per morire.
Nel momento in cui accettai l’inaccettabile, il mio corpo si mise a tremare violentemente, attraversato da una energia intensa. Mi aprii sempre più a quell’energia e nel giro di qualche minuto terminò. Sentii una calma interiore che non avevo mai sentito prima. Tutti i miei sensi erano acutizzati. La mia visone era più chiara. I colori più brillanti. L’udito più fine. Le sensazioni più vive.
Mi rednevo conto che avevo dissolto un filtro che fungeva da ostacolo tra me e l’esperienza della mia vita. Ironicamente, si trattava della apura della morte. Ora che avevo lasciato andare questa apura, sentivo pienamente la vita, il fatto di essere vivo anche se fosse durato solo un momento ancora.
Ripensavo alla vita che avevo vissuto, alle cose che avrei potuto fare e che non avevo ancora fatto e mi sorpresi a dire :« Se solamente avessi….». Ci furono molti «Se solamente avessi … ». Mi dicevo che era un modo triste di finire la mia vita e che, se avessi dovuto riviverla, avrei avuto molti «Meno male che ho… ».
Dovevo decidere che cosa fare del poco tempo che mi restava. Se passavo del tempo a preoccuparmi o a rimproverarmi per quello che era stato, in qualche modo, inevitabile, avrei gettato via il tempo che mi restava da vivere ed era troppo prezioso.
Presi la decisione di passare il tempo stando bene e a pensare a tutto ciò che poteva contribuire al mio benessere – i colori dei muri, il perfumo dei fiori in camera, tutto ciò che era positivo. Sapevo che potevo sempre trovare qualcosa.
Finalmente il fatidico momento arrivò. Mi portarono in chirurgia e mentre mi anestetizzavano, pensavo che quella poteva essere l’ultima eserienza che vivevo. Non avevo nessuna idea di quello che poteva accadere dopo. Ero agnostico e non credevo a nulla che non potesse essere verificato dalla mia propria esperienza. Forse la tappa dopo la morte non era niente altro che l’oblio.
Mollai.
Cominciai a sentire delle vertigini, un giramento di testa che mi provocò un malessere. Allora mi stabilii nel suo centro finchè mi sentii immobile in mezzo a tutto quello che girava intorno a me. Attraversai delle scene roteanti, scene di vita che avevo vissuto. Questi ricordi attirarono la mia attenzione. Se prestavo loro attenzione mi sentivo « aspirato » dal roteare di questi ricordi come se fossi attirato in un tunnel o verso il fondo di un pozzo. Era inutile cercare di raggiungere i muri. La mia sola speranza era quella di mirare l’acqua al fondo !
Dovetti deviare la mia attenzione da quelle scene e dai ricordi per focalizzarla sul luogo verso il quale venivo aspirato e dirigermi. Andavo comunque ma avevo la sensazione di essere seduto sul sedile del conduttore se mi dirigevo volontariamente. Era un pò come se fossi sul primo vagone delle montagne russe e mi faceva sentire come se stessi guidando su dei binari. La sensazione è nettamente migliore rispetto a quella di essere trascinati senza avere alcun controllo.
Il tragitto fu lungo, ma non avevo nulla di meglio da fare che aderirvi. Finalmente, vedevo la fine del tunnel e uscii in una specie di spazio, una tranquillità dove un’energia splendente si indirizzava a me. Era come una scintilla di vita, un’energia che emanava una luce d’intelligenza, non sotto forma umana ma una pura coscienza. Lo splendore semblava tenersi a distanza e c’era un’altra scintilla che non faceva altro che osservare la scena.
Era come se stessi facendo un esame di passaggio, del tipo « Bene, il tuo viaggio è ora terminato, metti in ordine la tua coscienza prima di continuare». Guardavo indietro e vedevo la mia vita come l’avevo vissuta, completavo i miei pensieri sugli eventi, comprendevo tante cose diversamente, poi dissi che ero pronto.
L’Essere cominciò a ritirarsi, lo seguii e poimi fermai. L’Essere mi domandò poi quale pensiero avesse attraversato la mia coscienza. Avevo pensato che era un peccato che le mie due figlie crescessero senza un padre. Avevo vissuto gran parte della mia vita senza mio padre e non desideravo che le mie figlie facessero la setssa esperienza. Comunque, ero pronto a partire
.
Prima di poter dire che non ci tenevo particolarmente a ritornare, sentii un movimento rapido e confuso. Mi risvegliai in questo corpo, in un’atroce sofferenza, in mezzo ad un’attività frenetica che si svolgeva intorno a me all’ospedale.
Mi sentivo come se fossi appena saltato nel bel mezzo di un film e che non ero mai stato in questo corpo prima d’ora. A causa del trauma e della situazione drammatica, la mia attenzione era focalizzata sugli eventi del mondo fisico e il ricordo di quello che era successo era in qualche modo dimenticato. Altre cose richiamavano la mia attenzione e in più non avevo sistemi di credenze che mi permettevano di accettare quello che era appena accaduto.
Durante l’anno che seguì, cominciai ad esplorare alcune idee e filosofie delle quali non avevo alcuna idea prima. Lessi dei libri come « La Vita dopo la Vita» e «La Vita dopo la Morte» ed anche altri testi che alcuni chiamano « Esperienze alle frontiere della morte » (Near Death Experiences o NDE in inglese) e cominciai a ritrovare un ricordo degli eventi. Trovai delle similitudini con le esperienze di altre persone e compresi quello che mi era successo. Riflettei anche sulle similitudini con quello che noi chiamiamo il processo della nascita « normale » dove i bambini nascono in un ambiente di luci accecanti, dei suoni violenti e dove vengono schiaffeggiati. La loro attenzione è talmente captata dagli eventi esterni che probabilmente dimenticano le esperienze che precedono il processo della nascita.
A volte mi capita di incontrare altre persone che han fatto il mio stesso viaggio e così condivido con loro la mia esperienza. «Cos’è successo a te ?». Una donna mi disse che lei era sicura che dall’altra aprte ci sarebbe stato un Essere con un grande libro che avrebbe guardato tutto quello che aveva fatto o evitato di fare e che le avrebbe messo dei voti. Quando si trovò dall’altra parte, vide veramente un grande Essere con un grande libro come aveva pensato. I soli brutti voti che aveva ricevuto era per le cose che non aveva fatto. Il suo solo peccato era stato il sacrificio di sè stessa.
La mia diagnosi, quando lasciai l’ospedale fu «cancro del midollo osseo». Non esisteva alcun trattamento possibile. Mi diedero uno o due mesi di vita e decisi di vivere quel tempo con la mia nuova filosofia di «meno male che….» Decisi di cominciare a lavorare su me stesso, cominciare un lavoro sulla mia coscienza per dissolvere il cancro. Più tardi i medici conclusero di aver fatto un errore diagnostico.
Ma questa è un’altra storia.
Martin Brofman © Copyright